giovedì 31 luglio 2014

Roberto Bolle and Friends- Arena di Verona 22/07/2014


Prima di parlare dello spettacolo di martedì vorrei non tanto porre l’attenzione sul Bolle ballerino, quanto sul Bolle direttore artistico dei suoi galà.
Dopo aver visto un certo numero di spettacoli di questo genere (non solo suoi), penso che Bolle non sia solo un uomo di teatro che conosce bene il suo mestiere, con una vasta preparazione nella sua materia, ma anche una persona che ha l’intelligenza per capire cosa vorrà il proprio pubblico. Non è una dote da poco e non è neanche scontata, al contrario, ed il fatto che i suoi spettacoli cambino a seconda della location ne è la dimostrazione.
Martedì sera l’Arena di Verona, con i suoi 13000/14000 spettatori presentava un pubblico a dir poco variegato composto da persone di tutte le età, nazionalità, piuttosto bilanciata tra uomini e donne. Una massa di persone che ha salutato la fine della pioggia con la ola. Giusto per spiegare il palato “raffinato” e l’entusiasmo vero. Nella maggior parte dei casi, questa moltitudine, presentava una scarsissima cultura sulla danza, e credo che una buona percentuale dei presenti non sapesse neanche che gli uomini non salgono sulle punte.
Di fronte a un pubblico del genere Bolle ha deciso di presentare un balletto nuovo, Passage, in prima mondiale. Non poteva “buttarlo via” e non l’ha fatto, nonostante la pioggia che ha messo a rischio lo spettacolo. Alla fine lo spettacolo è cominciato alle undici e venti circa ed è finito che erano quasi le due di notte: un fatto, questo dell’orario, che poteva giocare molto a sfavore dell’esibizione perché la stanchezza dei ballerini e del pubblico poteva influenzare negativamente sul’energia necessaria all’esibizione, ma così non è stato.
Riguardando il programma della serata mi viene in mente quando, in seconda liceo, un noto docente universitario venne a spiegarci la fissione nucleare. Non avremmo mai potuto capire niente se prima non ci avesse fatto un’introduzione sulla Chimica e sui suoi legami. Quel professore fece una delle lezioni più interessanti a cui io abbia mai assistito, tale da ricordarmela dopo oltre vent’anni. Ecco, Bolle, come quel professore, ci ha preso per mano dal primo balletto partendo da un’ampia panoramica su cos’è la Danza Classica, fino a portarci alla fissione nucleare di Passage, facendoci una lezione che in tanti, ne sono sicura sentendo i commenti del dopo spettacolo, ricorderanno per molto tempo.
La serata è cominciata con il primo colpo di teatro. E come dargli torto? Nella città di Romeo e Giulietta, con quella scenografia comprensiva addirittura di “balconcino”, non si poteva non cominciare con il passo a due del I Atto di Romeo e Giulietta (MacMillan) stupendo il pubblico da subito con una Giulietta che scendeva dall’alto i gradini dell’Arena.  Bolle, che è appunto un uomo di teatro intelligente che conosce bene i trucchi del mestiere, ha creato l’atmosfera e, contemporaneamente l’aspettativa della star, gettando nell’arena (perdonate il facile gioco di parole) due ottimi ballerini, Hee Seo ed Eris Nezha, che se la sono cavata egregiamente, nonostante le oggettive difficoltà (quando ho visto Hee Seo scendere quei gradini resi scivolosi dalla pioggia ho avuto un brivido lungo la schiena).
Dopo averci fatto sospirare con il primo brano, la star si è palesata con il passo a due del III Atto del Lago dei cigni (Petipa). Un assaggio di un pezzo classico sul quale si va sul sicuro, non nel senso che sia facile, ma nel senso che il pubblico lo può capire e apprezzare anche se a digiuno totale di balletti. Anche questa è stata una scelta intelligente: la musica, un aspetto fondamentale, è nota a tutti, è piacevole, ed il passo a due è uno dei più famosi nella storia del balletto. Una cosa “rassicurante”, che non mette in difficoltà lo spettatore, ma che lo fa entrare nella magia. Giusto perché si tratta di un balletto, faccio una nota di menzione per Polina Semionova che trovo sempre deliziosa.
A questo punto, entrati ormai nella magia e presa confidenza con il linguaggio, si poteva “spostare l’asta” un po’ più in là e cominciare il vero percorso. Le Bourgeois (Van Cauwenbergh) è un assolo divertente, fatto di virtuosismi “gridati” che Daniil Simkin, con i suoi salti eccezionali, rende un vero e proprio fuoco d’artificio. Il pubblico si è divertito (non sono mancati, di fronte i suoi incredibili salti, gli “ohh!” che ricordavano lo stupore dei bambini di fronte all’illusionista) e ha colto il messaggio per cui, oltre alle punte e alla calzamaglia, c’è altro. E quell’altro è arrivato, mantenendo una linea precisa che ci ha portato fino all’intervallo.
Apothéose (Gomes) è un bel pezzo, un passo a due moderno e passionale che Julie Kent e Cory Stearn hanno interpretato con delicatezza. Ho avuto la sensazione che, seppur apprezzato, questo sia stato il pezzo meno “capito” dal pubblico, che ha abbassato di un mezzo tono il volume dell’applauso. Bisogna dire che dopo l’acclamazione per Simkin era difficile, se non impossibile, replicare subito. Non credo sia un caso il fatto che, leggendo poi i commenti sparsi, questo è stato uno dei pezzi più apprezzati proprio dagli spettatori più esperti.
Si è proceduto, come ultimo pezzo prima della pausa, con Mono Lisa (Galili) un passo a due molto bello e particolare, ma con cui si può cadere nell’errore di trasformarlo in un semplice “pezzo ginnico”. Amatriain a parte, che è meravigliosa e non sbaglia una virgola; qui mi ha colpito il Bolle ballerino. Avevo visto Mono Lisa tre anni prima ballato da Jason Reilly e mi era sembrato, proprio, un pezzo ginnico o poco più. Bolle invece, col portamento da danseur noble che lo contraddistingue, lo ha reso più “balletto”, meno ginnico, ma più elegante. Qualcuno l’ha visto più lento, ma, onestamente, in questo non ho sentito alcun difetto.
La seconda parte della serata aveva uno schema simile alla prima, ma il percorso era meno lineare, del resto il pubblico era già pronto ad aspettarsi passione, fuochi d’artificio e tecnica classica.
Dopo l’intervallo si dovevano riprendere le fila del discorso e così ci è stato proposto nuovamente un pezzo classico, meno noto al grande pubblico, ma apprezzabilissimo: Tcajkovskij Pas de Deux (Balanchine) interpretato ancora da Hee Seo con Cory Stearn. Questo è stato il brano che personalmente mi è piaciuto di meno. Nulla da dire sugli interpreti, ma mi è mancato qualcosa, come se non ci fosse la giusta alchimia. È stata, però, un’impressione solo mia perché il pubblico l’ha accolto molto bene.
Si è proseguito con un altro cavallo di battaglia della star, di quelli da “ti piace vincere facile”, il che potrebbe anche essere vero se non fosse per il dettaglio di quelle 13/14000 persone e dell’orario. Perché sia chiaro: per quanto uno spettacolo sia bello, trovarsi all’una di notte di un giorno feriale con ancora quasi metà spettacolo davanti non è facile né per chi assiste e, soprattutto, per chi balla. Carmen Suite (Petit) è uno di quei balletti sensuali che, in genere, crea dipendenza. L’avrò visto ormai non so quante volte e con almeno tre partner diverse. Semionova è diventata una delle mie preferite.
Fanfare LX (Lee) è un pezzo che non conoscevo, un passo a due interessante che ha ripreso il percorso “moderno” del primo atto, senza quei fuochi d’artificio. Amatrian è stata deliziosa, Reilly sempre un po’ ginnico, qualità che, però, in genere direi che è stata apprezzata.
Si arriva quindi agli ultimi tre brani che sono fondamentali: per quella che è la mia esperienza in un galà del genere, il pubblico ricorderà il brano d’apertura, quello subito prima della pausa, se è molto coinvolgente, e l’ultimo, forse gli ultimi due se si è particolarmente capaci. Se poi si è intorno all’una e venti di notte, il gioco si fa ancor più difficile.
E qui l’occhio intelligente ha dato nuovamente prova di sé: Bolle è entrato in scena con Sinatra Suite (Tharp) insieme a Julie Kent. Un pezzo che, almeno a me, è apparso tutt’altro che semplice, ma di quel virtuosismo non “gridato”, senza quei salti incredibili e più vicino, in questi termini (e solo in questi), al pezzo finale. Un balletto del genere, fatto con una musica diversa, avrebbe potuto addormentare il pubblico, invece con i brani così noti cantati dalla voce di Sinatra ha coinvolto il pubblico in un pezzo quasi “televisivo”, scongiurando il rischio del sonno. Per dare un’idea di quello che voglio dire basta pensare che, a spettacolo finito, oltre ai commenti entusiasti, alcuni cantavano proprio quei brani. Cosa dicevo relativamente al ricordare i brani di un galà del genere? Ecco, in questo caso si è arrivati a ricordare anche il terzultimo.
Dopo Sinatra è stato il momento degli ultimi fuochi d’artificio con un pezzo classico, ma i quelli che tengono, per forza di cose, svegli: il Pas de Trois del III atto di Le Corsaire (Petipa): in scena Eris Nezha, Skylar Brandt e Daniil Simkin. Per chi avesse avuto il timore di annoiarsi, Simkin ha fatto la cosa che sa fare al meglio coadiuvato dai colleghi in modo egregio.
Siamo arrivati quindi alla fine, pronti per Passage (Pelle): un pezzo intimo, che parte dal filmato di Fabrizio Ferri (sua anche la musica) che racconta la storia di passaggio di un uomo. Ho trovato questo pezzo splendido, a tratti struggente, degna conclusione della serata.
Alle due di notte ci sono stati diversi minuti di applausi a tutta la compagnia, in modo particolare a Daniil Simkin, con diverse richiami in scena. Manifestazioni di apprezzamento sincero, che andavano oltre la star, ma che abbracciavano il lavoro di tutti. Un’altra piccola nota di merito che voglio riconoscere a Bolle: come dicevo all’inizio, ho visto diversi galà del genere con altri artisti e lui è sempre stato l’unico che, agli applausi finali, ha richiamato in scena tutti i suoi colleghi.
Visto che voglio essere odiosa fino in fondo ho deciso di riportare anche l’unica nota negativa della serata: le luci. Posto che, essendo in una posizione leggermente laterale potrei aver subito un “errore di parallasse”, ho notato che i riflettori illuminavano il palco in una posizione “a occhio di bue” laterale, fissa, indipendente dalla posizione in cui ballavano gli artisti e questo mi ha dato l’impressione che “fossero in ombra” per una buona parte dello spettacolo. Infine, durante Passage, i “tagli”, ovvero le luci che dalla quinta illuminano “orizzontalmente” il proscenio, erano bassi, così bassi da “decapitare” Bolle. Però, onestamente, non posso dire che questa cosa abbia disturbato anche altri, che non fosse voluta o che non fosse dovuta a qualche problema tecnico. A parte questo piccolo, anzi piccolissimo, neo (che credo di aver notato solo io) lo spettacolo “ha funzionato” egregiamente in ogni sua parte.
In conclusione posso solo dire, ripetendomi, che è stato uno spettacolo bello e, soprattutto, intelligente: ha centrato l’obiettivo di far conoscere la danza a chi non l’aveva mai vista, lasciando la voglia, ai molti che ho sentito commentare dopo, il desiderio di rivedere qualcosa del genere, il tutto senza che la qualità ne risentisse minimamente. Ci tengo a precisare che per “molti” non intendo solo donne con l’ormone impazzito (sì, è vero: Bolle sa far vedere quello che la gente vuole vedere), ma anche quelli che non erano interessati sin dall’inizio. Sicuramente il gioco del marketing ha la sua importanza, ma lo spettacolo, in sé, funziona indipendentemente dal marketing. Il “tutto esaurito” grazie al marketing può andare per la prima stagione, forse la seconda, ma poi, se non si porta in scena qualcosa di veramente valido, oltre il bell’aspetto, non si riesce più, soprattutto in tempi in cui la gente si stanca in fretta di tutto.


sabato 10 maggio 2014

Negli scarti dei sentimenti altrui


A Bologna li chiamano ruscaroli.
Tutti li abbiamo presente, tutti li conosciamo. Li vediamo agli angoli delle strade mentre rovistano tra i cassonetti perché, in quello che per noi è diventato inutile, per loro è nascosto un tesoro. Frugano nelle nostre vite giudicandoci solo nei termini propri della nostra capacità di separarci dagli oggetti o, se preferite, dalla nostra incapacità di vedere la vita che i nostri rifiuti possono ancora donare.
Negli anni del Benessere i ruscaroli sono diventate figure ambigue, ai margini della nostra società quadrata. Sono troppo fantasiosi per essere considerati "normali", perché, badate, i veri ruscaroli non sono spinti dall'indigenza, ma da qualcos'altro. A Bologna ce ne sono un paio entrati nella leggenda: frugano nei cassonetti, riempendo case stracolme di oggetti che "possono sempre venire buoni", fregandosene dell'imbarazzo di figli, nipoti, e pronipoti. 
Non ha senso credere di essere immuni e superiori dai ruscaroli, e ve lo dico per esperienza diretta.
Basta aver deciso, un giorno. di iscriversi a un corso di teatro, così per hobby, ed ecco che le cose assumono un valore inestimabile: il pellicciotto sintetico che la prozia Fulgenzia indossava negli anni 50 e che, se non si è tarlato, è solo perché anche le tarme lo trovano di cattivo gusto, la vecchia TV rotta, la libreria ricevuta in omaggio insieme all'enciclopedia nel 1982 e potrei andare avanti per ore citando ancora: vasi cinesi MADE IN TAIWAN, bomboniere del matrimonio del figlio di un vicino di casa, cravatte del nonno, occhiali vecchi e perfino contenitori, cioè scatole di plastica o cartone, vuoti.
Ci sono oggetti oramai indegni di partecipare al quotidiano che diventano perfetti per incarnare un futuro ricordo davvero speciale. L'anno scorso ho acquistato una sciarpa di seta rossa in un negozio di roba usata che è diventata indispensabile per andare in scena. Qualcuno l'aveva scartata ed io ne ho fatto un ricordo speciale. 
Non sono solo gli oggetti a rendere l'uomo ruscarolo, e chi scrive lo sa perfettamente.
Uno scrittore vive in costante ricerca di immagini, espressioni, spezzoni di dialoghi, che diventano cibo per l'ispirazione.
Vi faccio un esempio. 
Siete seduti in un fast food con una Moleskine tra le mani guardando una coppia di fronte a voi. I due mangiano in silenzio, loro così giovani, non si guardano in faccia ed è facile immaginarli già stanchi l'uno dell'altra. Perché è facile, a quell'età, confondere l'ormone con l'amore e scambiare la passione con il sentimento. Poi lui si volta e la guarda, non vedete il suo volto, ma potete scorgere il sorriso di lei, i suoi occhi. È un sorriso già antico di chi ha già fatto una scelta eterna. Lei, che avrà sì e no vent'anni, ha il sorriso di una novantenne che rimira il marito coetaneo appena tornato dell'ospedale. No, non avete capito niente allora, la vostra storia è tutta da rifare.
Gli scrittori sono fatti così: riciclano le espressioni altrui e fissano l'istantaneità riportandola all'eterno. Mentre pensate a tutto questo, il sorriso della ragazza è già sparito e lei si è messa a parlare con il fidanzato. 
Gli scrittori sono così: ruscaroli dei sentimenti altrui.

domenica 6 aprile 2014

Noi siamo quelli che ...


In questi giorni mi sto rituffando negli anni della mia maturità, così rivedo un po' la mia generazione. Ripesco dall'album dei ricordi e scopro a quante cose sono cambiate senza che me ne accorgessi.
Ecco, noi siamo quelli che:

- usavamo la K solo per okkupare la scuola, mai ci saremmo sognati di scriverlo da qualche altra parte Sì, insomma, ci siamo capiti: per noi, al massimo, c'era un T.V.T.B. Il T.N.S.V.N.K.E.O.R. non sapevamo neanche cosa volesse dire (e non lo sappiamo neanche adesso).
- non abbiamo solo perso il mondiale di calcio in America, ma abbiamo vinto quello di pallavolo in Grecia. Giusto così, per ricordarlo.
- Kurt Cobain, che poi ci hanno detto cantasse la nostra generazione, ci ha lasciato non appena siamo diventati maggiorenni
- Ayrton Senna era un campione, non un mito della Formula 1 e Michael Schumacher un giovane pilota di belle speranze, non un campione.
- quando non sapevamo cosa dire, nel dubbio avevamo sempre un "cioè che storia!" pronto in tasca. E comunque eravamo tutti una "storia fantastica" a prescindere.
- da grandi avremmo voluto fare un sacco di cose, sicuramente non i precari a vita. Forse avremmo dovuto inkazzarci di più, ma ci avevano detto che la Prima Repubblica era stato un disastro, che, per fortuna, Mani Pulite aveva risolto tutto e che nella Seconda Repubblica le cose sarebbero state migliori.
- Nelson Mandela era il presidente del Sud Africa, non un "negro con i capelli bianchi" (cit) di cui riportare gli aforismi su Twitter.
- le cose importanti andavano scritte sulla Smemo, perché il telefonino era una cosa da lasciare ai super ricchi dirigenti d'azienda. Quegli stessi dirigenti che, oggi, sono ancora lì e che non usano più il telefonino perché tanto hanno sempre uno stagista non pagato che lo usa al posto loro.
- le nostre Colonne d'Ercole erano la scuola, gli amici e la famiglia. Cosa fosse il cyberspazio lo sapevamo dal cinema e non dovevamo temere che i fatti nostri (o meglio "cioè, le nostre storie") non andavano oltre una ristretta cerchia di persone. Nessuno a Timbuctù avrebbe mai visto una nostra foto da ubriachi semplicemente facendo click. 
- Nel dubbio, c'era sempre un posto di ritrovo a cui approdare e lì avresti trovato qualche amico o conoscente. Il sabato sera ti ritrovavi con tutti gli amici e passavi metà della nottata a decidere cosa fare, perché non c'era un gruppo virtuale su Whatsapp con cui mettersi d'accordo prima.

Eravamo così, ci piaceva perdere tempo. Ne perdevamo in quantità e lo ritrovavamo sempre.

sabato 25 gennaio 2014

Liebster Award


Cari amici, oggi il mio piccolo blog festeggia un nuovo piccolo traguardo!
La mia cara amica Manuela Rovatti, titolare dello splendido blog http://ilpadiglionedoro.wordpress.com che dovete TUTTI leggere, mi ha assegnato il “Liebster Award”. A lei devo tantissimi suggerimenti, consigli e incoraggiamenti che merita il mio grazie per questo e mille altre cose.
Il “Liebster Award” è un premio nato in Germania per la promozione di blog con meno di 200 followers. Diciamo che è un premio nato per i blog “per chi ha gusti raffinati inadatti alle grandi masse” come il mio e, pertanto, ne vado molto fiera.

Come tutti i premi che si rispettino, anche questo ha le sue regole che sono:
- ringraziare e linkare il blogger che vi ha nominato
- rispondere alle 10 domande poste
- nominare altri 10 blog che hanno meno di 200 followers
- ricreare altre 10 domande
- andare sui singoli blog e annunciare loro la nomina.

Quindi … procediamo!

Punto 1: fatto!

Punto 2: non sarà facile, ma ci provo.

1 – C’è un blog che ti piace in modo particolare?
Beh, ce ne sono più di uno. Li citerò più tardi, perché credo che meritino di essere premiati. L’unico che nomino, per il solo motivo che non posso premiare è proprio quello di Manuela di cui ho parlato sopra.
 2 – A cosa non rinunceresti per niente al mondo?
Ho scoperto che ci sono un sacco di cose “irrinunciabili” che possono essere assolutamente superflue. Quindi direi che non potrei mai rinunciare alla vita
 3 – Hai un sogno nel cassetto, se sì, puoi dirmi quale?
Ho così tanti sogni che ho dovuto toglierli dai cassetti per metterli negli armadi, a tal punto che sono stata costretta a buttare via vecchi scheletri.
4 – Dove sei nata/o?
A Bologna.
5 – In quale città abiti?
In una cittadina vicino a Bologna.
6 – C’è un viaggio che desidereresti intensamente fare?
C’è così tanto mondo da vedere che non saprei da che parte cominciare ad elencare! Diciamo che dall’India all’Argentina all’Africa vorrei vedere tutto.
7 – Cosa non perdoneresti mai ad un’amica/o?
Per mia fortuna i miei amici non hanno mai avuto bisogno di farsi perdonare l’imperdonabile. In caso contrario non sarebbero stati amici.
 8 – Quando hai aperto il blog lo hai fatto per un motivo particolare?
Scrivevo da tempo, infatti alcuni post sono cose vecchie che ho ripreso dal cassetto. Non so dire se c’è stato un motivo preciso, ma ricordo che alcuni amici mi avevano già detto più volte di provare ad aprirne uno per vedere cosa ne pensavano lettori estranei. Così c’ho provato. E dal blog è venuto parte del coraggio per propormi a qualche editore e per partecipare a qualche concorso letterario.
9 – Hai mai dovuto bloccare qualcuno dei tuoi commentatori perché offensivo o volgare?
No, mai.
10 – Sei felice?
A volte sì, mi è capitato, ma sono attimi che sono passati per fortuna. Ad una fugace felicità preferisco una durevole serenità.

Punto 3: dieci blog sono tanti. Visto che non mi piace metterne così a caso, citerò quelli che mi piacciono a prescindere dal numero.

http://erinekeller.wordpress.com/
http://eleboa.blogspot.it/ (anche se non viene aggiornato da tempo!)
http://grassoallagola.wordpress.com/ (sperando che lo riprenda in mano!)
http://sfogliastorie.wordpress.com/
http://thediveway.com/

Caspita! Alla fine sono proprio dieci! Non conosco il numero dei loro followers, ma pazienza!

Punto 4: studiare dieci domande. Vediamo.
Quando hai cominciato a scrivere?
 Gestisci il tuo spazio da solo/a?
Un blog è uno spazio che può essere molto personale. Ti senti libero/a di esprimerti o preferisci lasciarti coinvolgere dai gusti dei tuoi lettori?
 Qual è stato il complimento più gradito che hai ricevuto per il blog?
 Invece qual è stata la critica più costruttiva?
 Da bambino/a che mestiere avresti voluto fare “da grande”?
  Hai realizzato almeno uno dei tuoi sogni?
 C’è un sogno che vorresti ancora realizzare?
 Come ti vedi tra cinque anni?
C’è un personaggio storico che avresti voluto conoscere?

Ecco! Ho risolto anche questo punto! Ora non mi resta che ringraziare ancora Manuela, andare dai miei amici per informarli della vincita e rimettermi al lavoro su una nuova storia!

Un bacione a tutti!

sabato 11 gennaio 2014

Un piccolo regalo- Grazie a Ludovico Einaudi

Facciamo un gioco.

Apri l’immaginazione.

È uno di quei giorni di fine settembre in cui l’estate scivola nel dolce abbraccio dell’autunno. Il sole scalda tiepidamente sopra di te e tu non ti senti ancora pronto a coprirti, vedere le foglie cadere o raccogliere castagne. Ma ormai, e questo lo sai da molti anni, le stagioni fanno il loro dovere ed è solo una questione di giorni. Allora hai deciso di metterci un freno, per una volta nella vita ha pensato a te e a te soltanto. Il cielo è terso, la brezza piacevole. Non fa ancora freddo, ma non è neanche così caldo da farti desiderare l’inerzia tipica di Ferragosto.

Hai mollato l’ufficio, preso la macchina, affrontato il traffico delle cinque e imboccato l’autostrada, quella che conosci bene perché nei mesi scorsi l’hai percorsa quasi tutti i fine settimana rimanendo puntualmente imbottigliato il venerdì e la domenica sera mentre ti dicevi “Ma chi me lo ha fatto fare? Questa è l’ultima volta!”.

Ora sei qui, con le tue scarpe ComodeMaNonTroppoSportive e il tuo completo da ufficio, che lo guardi. Lui, così bello, così maestoso, così unico. Lui: il Mare.
I tuoi piedi affondano leggermente nella sabbia inumidita da qualche temporale che non è arrivato nell’entroterra, e l’acqua è incredibilmente blu perché nessuno vi si getta sollevando sabbia e sporcandola di quel tipico marrone. La gente è già andata via stancata da quella che, dopo tre mesi, sembrava essere diventata routine. Non c’è il solito frastuono a cui sei abituato.

Anche quella musica che, fino a poche settimane fa, ti sembrava eterna, ora è dimenticata. Ricordi quel motivetto che canticchiavi di tanto in tanto durante le tue gite in bicicletta? Quello che ti metteva allegria perché “aveva il profumo dell’estate”? Lo ricordi ancora? No, non serve che lo ricordi. Anzi: per essere sicuro che niente possa rovinare questa vacanza da te stesso, fai una cosa che non fai mai e che ti procurerà un certo numero di sensi di colpa. Spegni il telefono. Renditi irreperibile. Mostra al mondo che può stare senza di te per un paio d’ore.

Comincia a camminare verso quel molo laggiù. Per tutta l’estate questa è stata la tua passeggiata mattutina, quella in cui parlavi di V.I.P., sport e ricette di cucina. Ma ora no. Ora non hai nessuno con cui parlare. Perché per certe cose non ci sono amici, parenti o amori che servano. Certe cose bisogna farle da soli. Quindi ora non parlare e goditi i tuoi passi.

Li senti i gabbiani? Fino a pochi giorni fa riuscivi a sentirli solo la mattina molto presto, quando ti svegliavano e tu ti trovavi a odiarli anche un po’ perché avresti voluto continuare a dormire. Ora sono laggiù e sembrano voler attaccare un branco di pesci. Ti viene anche da sorridere pensando ai pescatori che, seduti sul molo, per tutta l’estate non sono riusciti a prendere più di due paganelli. Quelli che si presentano sempre con “l’esca nuova imbattibile” e che non guardano dove vanno a volare i gabbiani. Certo perché i gabbiani hanno l’istinto governato dalla fame e non possono permettersi il lusso dell’intelligenza per pescare. Loro sanno dove trovare i branchi di pesce perché è giusto così.

Cammina ancora e lasciati conquistare per qualche momento dai granchi di sabbia. Te li ricordi quando eri bambino? Ti affascinavano e ti intimorivano allo stesso tempo. Avresti voluto poterli mettere in un acquario, e, a dire la verità, una volta ne hai anche tenuti alcuni in un secchiello per un paio di giorni, ma tua madre non ha mai voluto neanche che tu li toccassi. Adesso c’è un costoso ristorante in città che li cucina in modo prelibato.

Respira. Cerca di trattenere l’aria nei tuoi polmoni più che puoi perché questo pizzicore dato dalla salsedine, questo odore particolare, che ricorda un po’ le reti dei pescatori, ma non così inteso da identificarlo come “puzza”, non lo sentirai più per molti mesi. Certo, ora le giornate diverranno brevissime e tu sarai riassorbito dalla rassicurante routine fino a Natale, quando poi andrai in montagna e là godrai di altri odori, altri panorami, altri sapori, altra musica assordante ed altra gente.

Ora che sei arrivato al molo guardi quei sassi enormi. Da bambino eri convinto che essi fossero stati messi lì da una mano gigante che aveva voluto fare un po’ di ordine, e così li aveva messi tutti in fila. Ora sai che sono le gru dell’uomo a riporli in quel modo, ma non ci pensare: non lasciare che la consapevolezza di adulto rovini la poesia. Non permetterlo mai. Ammirandoli così ne scopri anche la pulizia: non ci sono più le cartacce, le bottiglie di creme solari finite e le ciabatte rotte.

Il sole si avvicina all'orizzonte. Tra poco se ne andrà e a casa ti aspettano per cena. Quindi affretta il passo per tornare. Presto qualcuno ti chiederà “cosa hai fatto oggi?” e tu risponderai “Niente di particolare. Ho lavorato come sempre.”
Ritorni alla macchia, che hai fatto pulire non più tardi di ieri l’altro e scrolli le scarpe dalla sabbia cercando di sporcare il meno possibile. Eccolo lì il primo senso di colpa. Ti metti al volante, allacci la cintura, accendi il motore e sintonizzi la radio cercando disperatamente la musica che in quel momento ti assomigli. Senza trovarla ovviamente, ma non ti preoccupare: è normale. E poi torni a indossare la maschera che avevi abbandonato.

Ora ascolta questa musica e chiudi gli occhi.
E immagina questa vacanza da te stesso.





sabato 21 dicembre 2013

È tutto via Twitter

Lo ammetto: sono una malata di Twitter. Da quando è entrato nella mia vita, ragiono in 140 caratteri. Non ce la posso fare. È più forte di me. Ecco perché ho deciso di condividere con voi le regole che ho dedotto vigere in questo meraviglioso social network. Sono poche e semplici:


1- Se non sei su Twitter non esisti
2- Ciò che non viene menzionato su Twitter non è mai esistito
3- Se su Twitter è scritto che un fatto è avvenuto, allora è avvenuto. Se non è ancora avvenuto provveda quanto prima ad allinearsi (vale anche per il decesso di personaggi famosi)
4- Lo scopo del semplice cittadino su Twitter è quello di spiegare al vip di turno che non è altro che un inutile consumatore di ossigeno
5- Il vip che non utilizza Twitter non è un vip.
6- Un vero giornalista prima consulta Twitter e poi le fonti originali.
7- Le foto su Twitter di normali cittadini devono essere solo e soltanto di piedi e gatti
8- Le foto di libri sono apprezzate solo se suddetti libri sono di scrittori morti
9- Le foto dei vip su Twitter devono essere fintamente intime, se no non sono foto degne di Twitter.
10- L'unica cosa davvero importante su Twitter è avere tanti follower, perciò chiunque defollowi chiunque è uno s****zo a prescindere e deve essere eliminato quanto prima
11- Le citazioni seguono precise collezioni. Per la stagione autunno/inverno è previsto Charles Bukowski. La stagione di Alda Merini era la primavera/estate ed è terminato a settembre. Gli utenti sono pregati di aggiornarsi per non essere considerati out. Anzi #out.

Voi ne conoscete altre?

P.S. Spero di riuscire ad avere un po' di tempo per aggiornare il blog durante le prossime vacanze. Nel frattempo, buone feste!