sabato 22 gennaio 2011

DEDICATO A D.P.


L’argomento che vado a trattare è quanto di meno congeniale potessi incontrare. E mi chiedo anche per quale motivo farlo. Facile: mi è stato chiesto. E così mi accingo a scrivere le mie prime righe “su richiesta”. Non so cosa ne verrà fuori, probabilmente una schifezza, ma abbiate pazienza: sono una neofita in materia. Probabilmente comincerò parlando di quello che mi è stato chiesto di parlare e finirò col parlare di tutt’altro. A pensarci bene, la schifezza è assicurata: non vi ho ancora spiegato di cosa dovrei parlare. Ok adesso ci provo e poi comincio a farlo davvero: dovrei parlare del mio sentimento religioso. O meglio: mi è stato chiesto di parlare della religione specificando che cosa sento nel cuore e se c'è spazio per qualcosa che non può essere provata.
Ecco che già di fronte ad una richiesta postami in questi termini mi pongo una qualche domanda: cosa sento nel cuore? Religione e Fede possono coesistere? Se la fede è una certezza acquisita, perché si parla di sentimento religioso? In cosa si può trovare qualcosa di più grande di noi e in cosa non trovarlo? Avendo serie difficoltà a compiere una ricerca in positivo (sono più di trent’anni che ci provo) ho deciso, per rispondere a questa richiesta di compiere il percorso inverso e cercare in cosa Dio non è. Qualcuno potrà leggermi come blasfema e bestemmiatrice, ma datemi prima il tempo di spiegare. Lo faccio con una canzone di Francesco Guccini del 1965, che la RAI non trasmise, ma che ricevette il plauso del papa Paolo VI come brano in cui non vedeva intenzioni antireligiose, ma si “richiamava a sani principi morali” (e cioè?!):

DIO È MORTO

Ho visto
la gente della mia età andare via
lungo le strade che non portano mai a niente,
cercare il sogno che conduce alla pazzia
nella ricerca di qualcosa che non trovano
nel mondo che hanno già, dentro alle notti che dal vino son bagnate,
dentro alle stanze da pastiglie trasformate,
lungo alle nuvole di fumo del mondo fatto di città,
essere contro ad ingoiare la nostra stanca civiltà
e un dio che è morto,
ai bordi delle strade dio è morto,
nelle auto prese a rate dio è morto,
nei miti dell' estate dio è morto...

Mi han detto
che questa mia generazione ormai non crede
in ciò che spesso han mascherato con la fede,
nei miti eterni della patria o dell' eroe
perché è venuto ormai il momento di negare
tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura,
una politica che è solo far carriera,
il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto,
l' ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
e un dio che è morto,
nei campi di sterminio dio è morto,
coi miti della razza dio è morto
con gli odi di partito dio è morto...

Ma penso
che questa mia generazione è preparata
a un mondo nuovo e a una speranza appena nata,
ad un futuro che ha già in mano,
a una rivolta senza armi,
perché noi tutti ormai sappiamo
che se dio muore è per tre giorni e poi risorge,
in ciò che noi crediamo dio è risorto,
in ciò che noi vogliamo dio è risorto,
nel mondo che faremo dio è risorto...

Ammesso e non concesso che Dio esista, penso che non lo si possa trovare certo nelle piccole miserie di una società che vive sempre più di apparenza e che cerca modelli comportamentali in personaggi che “hanno successo” a prescindere da quanto tutto ciò costi in termini di onestà e dignità. Forse lo si può trovare nei gesti, ancor più piccoli, di chi a questi modelli si oppone.
Proprio ieri mi sono trovata a discutere circa quali sono gli imprenditori da prendere come esempio. A fronte di quello che neanche nomino, ma che ha avuto successo ed è “sceso in campo” nel 1994, io ho risposto: Libero Grassi e i fratelli Vaccaro Notte eroi ai miei occhi perché hanno pagato con la vita il loro opporsi alla mafia. Mi è stato riposto: non si può parlare solo di eroi, perché di questi tempi bisogna arrivare a fine mese. Ecco: in questa visione ristretta che non riesce a vedere il futuro e la libertà io Dio non ce lo vedo. Anzi di fronte a tutto questo mi chiedo cosa avrebbe detto Paolo VI e cosa avrebbero fatto i suoi “sani principi morali”. Ed ecco che nella mia ricerca viene fuori una nuova variante: “i sani principi morali”. Se la religione posso ancora vederla come un qualcosa di assoluto, di strutturato che scende dall’alto e quindi non ne riesco a vedere il “sentimento” e nella fede vedo un qualcosa di profondamente intimo che, nonostante sia una certezza non può essere imposta a nessuno, ecco che non riesco a vedere nulla di meno certo, strutturato e imponibile come “i sani principi morali”. E, per quanto mi riguarda, il problema nasce, nel mio intimo, proprio da qui. Perché se i miei principi, in quanto “miei” dovrebbero riguardare solo me, dall’altra parte esistono religioni e persone di fede che cercano mostrarmi i loro come i soli possibili. I Testi Sacri di qualunque credo li impongono dicendoci esattamente cosa è giusto e cosa non lo è. Le Chiese che dovrebbero essere l’esempio da seguire, spesso si riducono a predicare ciò che per prime non mettono in pratica. Secondo i miei principi morali la mancanza di coerenza in questi termini è un peccato capitale gravissimo (prometto solennemente di non tediare nessuno circa la mia personale definizione di “peccato capitale”).
Allora … cosa sento nel cuore? Quali principi morali devo seguire? Da dove mi provengono (un discorso a parte merita l’educazione ricevuta)? La fede che c’è nel cuore di qualcuno ha qualcosa a che vedere con tutto questo? E la religione? Non basta che io sia semplicemente me stessa e che mi comporti coerentemente con quanto riconosco giusto? Oppure, così facendo, mi elevo a Dio?
Ecco lo sapevo: ho fatto un gran casino e sono andata completamente fuori tema. Vabbe' … vi avevo avvisato.

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