sabato 1 gennaio 2011

DOBBIAMO PARLARE DI KEVIN



Parlare di Kevin… dobbiamo proprio? Perché Kevin non è un argomento piacevole di cui parlare: quel ragazzo ha ucciso un bel po’ di compagni di scuola ed un certo numero di adulti tre giorni prima di compiere sedici anni. Ed ha pianificato tutto nei minimi dettagli per mesi, compreso anche il fatto che, se avesse aspettato tre giorni, sarebbe stato processato come un adulto in base alla legge americana.
No Kevin non è un argomento di conversazione a un aperitivo, ma per Eva, la madre, è un compito a cui non può sottrarsi.
Eva scrive una biografia del figlio cruda e violenta in forma epistolare ad un marito assente che rimane spettatore passivo e lontano dopo la strage.
Eva dipana la storia del suo matrimonio, della sua vita e della vita del figlio raccontando episodi in lunghe lettere.
Per quasi quattrocento pagine Kevin mi ha terrorizzato, inquietato fatto infuriare e, anche, costretto alla pietà.
Perché in Kevin ho trovato qualcosa che in tutti noi: è un adolescente inquieto, feroce, ma è anche una persona malata. È malato di una di quelle malattie che non si può curare: la puoi solo vedere e cercare di opporre resistenza. La crudeltà non ha cura ed Eva può solo cercare di arginare questo fiume in piena di cattiveria. Kevin vive la sua furia in un crescendo di cui nessuno sembra rendersene conto a parte sua madre.
Fino all’epilogo perché, come ho già detto, in questo libro non manca niente, neppure il colpo di scena.
Non mi sono riuscita a staccare da Kevin, sono rimasta vittima del suo fascino e ancora adesso mi chiedo se quella pietà che mi sono trovata a provare non sia stata soltanto frutto delle capacità recitative di quel piccolo mostro: pazzesco.
Non mi ha lasciato neanche dormire: così mi sono trovata alle tre e mezza di notte (curioso: è l’attimo esatto in cui ho compiuto trentun anni) ho vissuto con Eva la strage che suo figlio ha compiuto.
E mi sono trovata a pormi la stessa domanda che aleggia per tutto il tempo e che tutti cercano di porre prima ad Eva e poi Kevin (perché non il contrario poi?): perché?
Non credo ci sia risposta e comunque quella che da Kevin non è certo soddisfacente.
Forse perché tanta sofferenza non può avere una spiegazione.
L’autrice si chiama Lionel Shriver e se qualcuno sente il bisogno di un pugno nello stomaco deve possedere “Dobbiamo parlare di Kevin” nella propria libreria.
Lancio infine un ultimo colpo di scena: Kevin non è mai esistito, la sua storia è un’opera di fantasia, tanto più che viene considerato un romanzo. Almeno spero.

Nessun commento:

Posta un commento