domenica 26 giugno 2011

Se non siete gli indifferenti...

Il 26 giugno si celebra la Giornata Mondiale Contro la Tortura.
Essa è stata istituita qualche anno fa seguito dell’adozione da parte delle Nazioni Unite (10 dicembre 1984 ed entrata in vigore il 26 giugno 1987) della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti inumani o degradanti.
Le Nazioni Unite definiscono la tortura in questi termini:
“il termine ‘tortura’ designa qualsiasi atto con il quale sono inflitti a una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al fine di ottenere da questa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che ella o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimidirla od esercitare pressioni su di lei o di intimidire od esercitare pressioni su una terza persona, o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o sotto sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze derivanti unicamente da sanzioni legittime, ad esse inerenti o da esse provocate.”

Sebbene possa sembrare assurdo, l’Italia, che ha ratificato la Convenzione il 12 gennaio 1989, non ha ancora inserito nel Codice Penale la definizione specifica del reato di tortura.  Nei giorni scorsi (era il 15 giugno) il portavoce per l’Italia di Amnesty International Riccardo Nuory presentando il rapporto annuale per l’Italia al Senato ha lanciato nuovamente l’allarme: “Da 23 anni ci viene detto che ci si sta lavorando e poi all’Upr si risponde che è giuridicamente difficile sostenerlo, perché è una fattispecie già coperta da altri articoli”. In pratica, il nostro Parlamento ha risposto sostenendo che il reato di tortura sarebbe già coperto da altri reati primo fra tutti quello di maltrattamenti.
Come se la tortura fosse assimilabile ai maltrattamenti.

Vi prego: se pensate che tortura e maltrattamenti sono la stessa cosa proseguite nella lettura, perché dovete sapere che non è così. La tortura è un’altra roba.

L’obiettivo ultimo della tortura non è la morte della vittima, ma il suo annientamento come essere umano, l’annullamento della sua personalità, dignità, individualità. Non è un caso se le conseguenze psicologiche e sociali sono ben più profonde e difficili da cancellare di quelle psichiche. La tortura uccide la persona lasciando in vita l’individuo.
Ma c’è di più: ogni atto di tortura viene svolto seguendo un protocollo.
In essa nulla è lasciato al caso.
Esistono specifiche tabelle che qualche medico ha stilato, specifiche figure professionali che hanno subito un addestramento ad hoc e specifici oggetti che qualcuno ha progettato e costruito. Vi rendete conto di quello che leggete? Cioè: vi rendete conto che vi sto dicendo che esistono medici a questo mondo che studiano il modo perfetto per annientare una persona? Capite che sto dicendo che esistono corsi professionali specifici per istruire persone a demolire psico-fisicamente altre persone? Che ogni singolo torturatore viene addestrato a compiere un determinato lavoro? Che impara a non provare alcuna empatia nei confronti delle sue vittime? Sapete che i torturatori rivestono vari ruoli come fossero attori di una pantomima per perseguire i propri fini?
Esistono moltissimi metodi di tortura ognuno dei quali ha una sua funzione specifica ed una sua applicazione: si va dalle percosse alle scosse elettriche, dallo stupro all’annegamento simulato, dalle bruciature alle fratture varie e via dicendo … Negli ultimi decenni, anche la tortura è stata oggetto di un processo di evoluzione per “non lasciare tracce fisiche” ( o se preferite “non far male”) in  modo da rendere meno semplici da individuare le prove sui corpi delle vittime: in questo contesto rientrano le tecniche di privazione del sonno, simulazioni di esecuzioni, minacce varie, imposizione di ascoltare musica assordante, deprivazioni sensoriali di vario tipo eccetera …

Pensate poi a chi guadagna in modo lecito grazie a tutto questo perché intorno alla produzione e alla commercializzazione di strumenti di tortura c’è un business molto fiorente di cui il nostro paese può vantare uno dei suoi tanti picchi di eccellenza.

Provate un certo senso di nausea? Non avvertite un certo schifo di fronte a tutto questo?

Adesso riflettiamo su un altro punto: chi sono le potenziali vittime di tortura? Ebbene, la risposta è veramente agghiacciante: potremmo essere tutti. Perché la tortura moderna non si applica più solo all’oppositore politico, ma anche al sindacalista, al piccolo criminale o al cittadino qualunque. Ci sono categorie di persone (bel termine vero? “categorie di persone”, ci rendiamo conto dell’orrore di categorizzare vero?) che sono più a rischio di altri: in primo luogo coloro che denunciano, perché contrastano la colpevole omertà che alla tortura si accompagna, e quindi i più inermi, donne e bambini, ma anche emarginati a vario titolo, minoranze etniche, omosessuali e chiunque si possa trovare nel fatidico posto sbagliato nel momento sbagliato.
Nessuno è al sicuro.

La tortura, poi, si nutre e si riproduce in modo più rapido e feroce di quanto non immaginiamo: l’omertà e l’impunità che l’accompagnano fanno sì che non ci sia alcuna possibilità di giustizia per chi da essa è stato dilaniato rendendo inutili tutti gli sforzi di chi la combatte. E ricordate sempre che l’odio ha un solo figlio che si chiama ancora odio. In alcuni paesi di guerra, ad ogni ribaltamento di fronte i torturati diventano torturatori in un vortice inarrestabile.
Inserire il reato specifico di tortura nel nostro ordinamento è fondamentale. Solo con questa definizione presente sarà possibile perseguire non solo chi esegue la tortura (e adesso non voglio tediarvi con casi specifici italiani, mi basta fare qualche nome: il caso dei pestaggi alla scuola Diaz nel 2001, Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi, situazioni considerate dagli osservatori internazionali degne di essere ascrivibili a tale reato), ma anche chi la ordina, stila i protocolli di tortura, chi si macchia della colpa dell’omertà, chi da questa pratica ne ricava un business.

Ed ora, alla fine, torno proprio al titolo del mio articolo: se vi ho messo una piccolissima pulce nell’orecchio, se in un qualche modo vi ho provocato una piccola reazione di rigetto a tutto questo, in poche parole, se non siete gli indifferenti; non potete andare avanti facendo finta di niente. E se vi state chiedendo cosa potete fare, io una prima risposta ve la posso dare: informatevi e informate. Perché tutti sappiano quale occasione abbiamo perso nei giorni scorsi. Perché quando l’anno prossimo si celebrerà ancora questa giornata, alla sola idea che l’Italia non abbia ancora preso i giusti provvedimenti ci siano milioni di persone a protestare. Perché se si vuole sconfiggere la tortura si può partire soltanto dallo smantellamento dell’ignoranza e dell’omertà che la circonda. Io sono solo uno pseudonimo, ma voi siete persone, non individui. 

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