sabato 18 giugno 2011

vissuto fantasy

È lassù, dietro al colle, dietro agli alberi. E lassù, nella notte, con la sua magia, mi elargirà il suo dono prezioso. M’inerpico nella boscaglia come quando, da bambina, cacciavo le lucciole che ancora adesso mi volano intorno con le loro migliaia di intermittenze. Ogni intermittenza una specie diversa. La terra sotto i miei piedi scricchiola mentre mi avventuro nella pancia del bosco. Il suolo è strano sotto le mie scarpe, quasi morbido, forse accidentato, o forse lo è solo nella mia fantasia e, così incerta, rischio di cadere ad ogni passo. Nel buio, io. Sola. I miei sensi sono resi più acuti dalla tensione. Mi sento come uno degli invisibili animali che mi girano intorno. L’essere un esemplare della specie più evoluta non mi serve, e mi sento parte di questo qualcosa di oscuro che mi avvolge. Sono preda e predatore. Faccio parte di un ecosistema che so non poter soggiogare a mio piacimento, ma cui posso solo assoggettarmi.
Attorno a me un rumoroso silenzio mi avvolge, lo ascolto scavandomi dentro l’anima come raramente mi era successo prima in vita mia. Cerco di carpire tutti i messaggi di ogni singolo sussurro che mi giunge all’orecchio da parte della natura. Rimango il più possibile negli spazi aperti perché non so quali creature potrebbero scendere dai rami degli alberi neri sopra di me. Quei rami sembrano scheletriche braccia desiderose di stringermi forte il collo. Ogni tanto batto le mani per fare rumore. Non ci avevo mai pensato, ma anche il semplice battito di mani può esprimere emozioni diverse. Quando voglio applaudire educatamente, io non emetto alcun suono, mentre adesso, nel buio, nel timore, le batto forte e il suono che emetto rimbomba nella vallata con un eco metallico quasi minaccioso. Sento un forte pulsare nelle tempie, è il mio cuore che cerca di pompare più sangue al mio cervello teso. Continuo a camminare lungo il percorso in salita che mi porterà verso il mistero. Finalmente arrivo a una radura e il buio diviene meno buio con la luce apparentemente pallida che mi arriva dalla Luna. Laggiù, in fondo, noto appena la luce delle città e penso a come sono sfortunati i cittadini che non possono vedere a causa della luce. Che buffo: la luce impedisce la vista.
Ed ecco.
Improvvisa.
La magia.
Un vento freddo in pieno giugno mi colpisce nelle braccia. Un vento che sembra provenire da Lei. È immensa. Sembra anche più potente del solito. Mi sento piccola. Mi sento figlia sua. La guardo con reverenza e rifletto sul fatto che ne ho sempre conosciuta solo una faccia. Infondo Lei è come noi animali in cima alla catena alimentare: ci mostra solo la faccia che ci vuole mostrare mentre quell’altra la tiene per se. Anch’io sono come Lei: mostro solo la faccia che voglio mostrare, ma c’è una parte di me che tengo solo per me.
Ora mi guarda: il suo volto si sta oscurando lentamente. Inizialmente sembra quasi impercettibile, ma poi l’oscuramento diviene evidente.
Sento i lupi che ululano accompagnati dai latrati terrorizzati dei cani. È un’emozione strana: questa magia mi appartiene, anche se non ho alcun potere. Io sono solo una comune mortale eppure, non so perché, esiste una forza superiore che mi rende partecipe a tutto ciò. Sono un’eletta. Solo io, qui nella radura, posso godere di questa magia.
Intanto l’oscuramento prosegue. Ascolto il mio io e mi stringo nelle braccia: il vento continua a colpirmi e sento quasi freddo. La gola mi si secca, forse dovrei tornare indietro, questo posto è pericoloso. No. Resto. Io non ho paura. Basta battere le mani ogni tanto. E ascoltare. Ascoltare e guardare. Ascoltare l’inudibile e guadare l’invisibile. Invisibile? Non la magia. Quella riesco a vederla bene. Anzi: mi devo sforzare di guardare anche altro per non diventare preda. Inudibile? Anche l’erba sembra urlare. Lei intanto diventa inesorabilmente più scura, sembra quasi scocciata da questa incursione impropria nel suo spazio.
È il momento clou: l’oscuramento è totale. Resta solo un leggero alone di luce attorno al buio. Ovunque è buio. Buio e freddo. Freddo e vento. Vento e luce.
Poi la magia finisce.
La luce torna senza fretta.
Lei si riprende il suo spazio e scaccia con pigrizia il buio che aveva occupato impropriamente il suo posto. Con calma: prima un piccolo spicchio di luce, poi, come se uscisse da un nascondino, il buio torna verso il nulla da cui proveniva.
Resto ancora incantata. Quanto è bella la luce della Luna? Ma quanto è intensa? La luna piena nel cielo sereno di giugno è così forte da proiettare le ombre degli alberi che si affacciano alla radura.
Anche il silenzio torna a urlare. Cani e lupi si calmano. Finalmente il buio ha smesso di fare loro paura. In lontananza un gufo si alza in volo.
Adesso mi guardo in giro: alla nuova luce della Luna il bosco è meno tenebroso. Gli alberi neri sembrano invitarmi a insinuarmi nuovamente nella pancia del bosco. Accolgo l’invito e mi avventuro nuovamente ascoltando l’inudibile e guardando l’invisibile.
Tornando verso casa, penso a chi dice che l’eclisse di Sole è la più bella. Ma come? E chi riesce a vederla un’eclisse di Sole? Ci vogliono gli occhiali apposta per non rovinarsi la vista. Un’eclissi di Sole è visibile da qualunque luogo, non è necessario andare in un bosco. Un’eclissi di Luna è magia. È il trionfare del buio per pochi minuti prima che la Signora si riprenda il suo spazio. Ed è il buio totale. Anche se solo per poco. È magia. La mia magia. Ed io sono un’eletta.


                                                                  

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