lunedì 7 novembre 2011

Il dubbio amletico di Silvio


« DIMETTERSI, o non DIMETTERSI, ecco la questione:
se sia più nobile nella mente soffrire
i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa OPPOSIZIONE
o prendere le armi contro un mare di TRADITORI
e, contrastandoli, porre loro fine. TROMBARE, dormire …
nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. TROMBARE, dormire.
Dormire, forse TROMBARE. Sì, qui è l’ostacolo,
perché in quel sonno di DIMISSIONE quali sogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio ISTITUZIONALE
deve farci esitare. È questo lo scrupolo
che dà alla sventura una LEGISLATURA così lunga.
Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni della MAGISTRATURA,
il torto DELL’OPPOSIZIONE, la contumelia dell’uomo superbo,
gli spasimi dell’amore PAGATO, il ritardo della legge,
l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il demerito paziente riceve dagli INDIGNATI,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice PASSETTO? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la DESTITUZIONE,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun RICERCATORE fa ritorno, sconcerta la volontà
e ci fa sopportare i MAGISTRATI che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
Così la coscienza ci rende tutti PAGLIACCI,
e così il colore naturale DELL’INCERTEZZA
è reso malsano dal PALLIDO CERONE del pensiero,
e imprese di grande BASSEZZA e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di DIMISSIONE.  »

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