domenica 18 dicembre 2011

Nel baule delle parole desuete


Recentemente mi sono lasciata affascinare dalla riscoperta di qualche vecchia parola che ormai non si usa quasi più. Mi sono accorta che ultimamente vanno di moda le parole forti, quelle che esprimono il bianco e il nero: sembra quasi che non ci sia più spazio per le sfumature dei grigi.
Tutto è cominciato qualche giorno fa quando, navigando in rete, mi sono imbattuta in un tweet (vale a dire una frase di al massimo 140 caratteri su un noto social network) in cui un utente esprimeva il proprio DISAPPUNTO su un determinato argomento.
Quello che mi ha colpito, non è stato l’argomento, ma l’uso di quella parola. Mi spiego meglio: in questo periodo abbiamo un sacco di gente che urla la propria rabbia, il proprio incazzo, la propria indignazione o, i più moderati, il proprio dissenso. Ecco, la vedete ora la differenza? Manifestare disappunto vuol dire esprimere lo stesso concetto, ma con una mezza tonalità più bassa. Chi dissente alza la voce, chi comunica disappunto no, perché, è abituato ad essere ascoltato senza bisogno di gridare. È magnifico. Cioè: questa parola è magnifica, conserva quel fascino da lord inglese che, con in mano la pipa, dice semplicemente “non sono d’accordo” e sa che questo suo pensiero sarà più ascoltato di quello urlato dalle piazze. Non so perché, ma ultimamente abbiamo tutti bisogno di urlare il dissenso e non riusciamo a sussurrare il disappunto, del resto ci troviamo di fronte ad altre persone che ci gridano in faccia la loro rabbia e non possono ascoltare. Con tutta questa gente che alza la voce, chi ascolta più?
Poi ho pensato a un signore anziano che conosco. Un canuto signore. Qualcuno lo definirebbe un “vecchio con i capelli bianchi”. Ma volete mettere? Un canuto signore ha un bagaglio di esperienza che ci dona con stile. Diventare canuti signori è un traguardo da raggiungere. Poiché invecchiare fisicamente dovrebbe essere una speranza, l’alternativa non è auspicabile, diventare canuti significa raggiungere uno status di persona che merita rispetto per quello che ha fatto in vita. Un signore canuto ha il diritto di esprimere il suo disappunto  guardando dall’alto della sua storia noi pseudo giovani che urliamo il nostro dissenso nei confronti di quel vecchio con i capelli bianchi che dovrebbe farsi da parte (e forse vorrebbe anche, ma di questi tempi non ha ancora raggiunto l’età pensionabile).
Lo so, sto facendo un gioco un po’ inusitato: del resto capisco perché dovrei farlo strano per forza, io non sono mica Verdone!
Avete notato anche che suono più dolce che hanno? Sarà forse solo un caso, ma alla fine le parole che stanno svanendo sono proprio quelle che ci trasmettono sentimenti più pacati. Come se, di questi tempi, la delicatezza di una parola stoni con il contesto in cui si trova. E se fosse invece proprio la parola a determinare il contesto? Infondo, se al giorno d’oggi già l’educazione è poco di moda, figuriamoci la creanza o il garbo
Ed eccomi qui, con il mio pseudonimo, perché sono italiana e non mi serve un nickname, e neanche così importante da meritarmi un nome d’arte, a scavare ancora un po’ nel vocabolario come cercherei dentro un vecchio baule in soffitta, alla scoperta di queste parole che sono desuete. Mica in disuso: un qualcosa in disuso lo puoi solo mandare alla raccolta differenziata, ma una parola dove la butti? Esiste forse un cassonetto differenziato apposito? Direi di no, però posso sempre cercare di farle uscire da quel limbo. Se non altro perché ho voglia di un po’ di posatezza.


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