venerdì 2 marzo 2012

Caro Lucio ti scrivo (dedicato a Lucio Dalla)


Caro Lucio,
in queste ore le frasi su di te si sprecano, e queste mie sono solo tra le tante, lo so.
Il mio ricordo non è legato al grande artista che sei stato, ma all’uomo, al tifoso.   Forse perché in un luogo di sport ti ho incontrato per la prima volta e sempre di sport ti ho sentito parlare.
Tu che amavi il mare e cantavi la memoria di Ayrton Senna.
Ti ricordo quel giorno, al derby, tu seduto dalla parte “sbagliata” della tifoseria, sorridente con quella tua espressione tipicamente divertita sul volto, guardavi la nostra scenografia e l’applaudivi, uno dei pochi, nel nostro storico palazzetto. Quello era il nostro derby nel nostro anno e tu ci applaudisti anche alla fine. Per me fu una partita memorabile.
Pochi giorni dopo ti incontrai sul Crescentone mentre ero a passeggio con quel tifoso sfegatato del ragazzo che frequentavo all’epoca. Lui ti fermò senza farsi troppi scrupoli. Ti salutò e Tu guardasti quel ragazzo alto con un giaccone della Fortitudo addosso senza smettere di sorridere dicendogli che il derby ce l’eravamo meritati anche solo per la scenografia pre-partita. Aggiungesti, non senza quel pizzico di cattiveria scaramantica che solo un bolognese può capire, che quello era il nostro anno. Noi che non avevamo mai vinto un cazzo. Lui ti rispose che anche con l’inno non ce la cavavamo male perché a lui piaceva di più il nostro, quello di Curreri, che non quella specie di marcetta di Topolino che aveva la Virtus. Lui che amava il jazz e che ti considerava il più grande. Diceva che eri un gigante di un metro e sessanta.
La sera seguente, manco a farlo apposta, ti incontrammo lungo i Viali noi con la nostra macchina e Tu con la tua. Ricordo che era ammaccata sul cofano e il mio ragazzo ti chiese cosa avevi fatto. Tu rispondesti con il tuo solito ghigno che avevi investito un fortitudino, che era stata una faticaccia, ma che se lui ci teneva tanto gli avresti fatto il favore. Ridemmo e ti salutammo.
Ti ho rivisto altre volte, ma non ti ho mai salutato, non mi sono mai avvicinata. Sono sempre stata timida in queste cose. Mi ha sempre intimidito il gigante che non riuscivo a non identificare con la musica meravigliosa che dava l’inizio al film del lunedì in Rai.  Era un'altra televisione. Come dimenticarla?
Però ti voglio ricordare, nel mondo forse più dolce, in quel giorno, a quel derby, quando ebbi l’impressione che cantavi con noi una sola strofa di tutto il nostro inno e adesso ascoltalo, e magari cantalo ancora, un po’ urlato, come si canta prima di una partita: “Bologna siamo noi…”
E scusami ancora se non sono mai stata virtussina.


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