lunedì 30 aprile 2012

L'altra metà del cielo vista dalla mia metà del cielo, ovvero Vasco alla Scala. (secondo me)


Adesso che questo spettacolo non è più in scena, ho deciso di dire anch’io la mia opinione. Purtroppo, l’ho visto su internet e quindi ne ho avuto un'impressione meno emozionale di quello che sento quando sono a teatro, ma credo che anche così possa andare bene per questa volta.
Intanto vorrei porre l'attenzione su un fattore che trovo comunque positivo: il fatto che Vasco, ma sopratutto la Scala, abbiano dimostrato la voglia di mettersi in discussione proponendo uno spettacolo che è fuori dal target di entrambi ed esponendosi anche a delle critiche, più o meno, giustificate. Nessuno dei due ne aveva bisogno, in modo particolare non ne aveva bisogno la Scala che, ne sono certa, poteva proporre qualcosa di più in linea con il proprio pubblico andando sul sicuro e avvicinando comunque un pubblico giovane (Giovane?? Per Vasco?? Ma se ormai siamo tutti ultra trentenni!). 

In seconda analisi pongo l'attenzione su quello che mi aveva colpito (ma io sono di parte e lo ammetto senza problemi) ancor prima di vedere lo spettacolo: le musiche.
Intanto i brani proposti sono stati scritti dal 1977 al 2005 e questo implica che, invece di proporre qualcosa di più vicino al gusto musicale attuale, si è preferito "togliere dalla naftalina" brani molto più vecchi, alcuni ormai finiti quasi nel dimenticatoio.
In questa operazione Celso Valli ne ha completamente stravolti alcuni rendendoli più moderni. Ironia della sorte: togliendo le chitarre elettriche e lasciando spazio ai violini ecco che i brani sono diventati più nuovi. Ne cito due su tutte: Brava e Brava Giulia (mai detto che Vasco abbia fantasia nel dare il titolo ai propri brani). Brava Giulia in modo particolare: era un brano rock, ricco di chitarre e tastiere in cui il cantante "miagolava" la propria disperazione (una cosa un po' datata molto anni 80 insomma); in questo caso è sparito tutto, anche il cantante ed è diventato un qualcosa di completamente diverso per cori. Se siete curiosi, questa è la versione originale:

http://www.youtube.com/watch?v=cuvUuom8UAw

e questa è la nuova:

http://www.youtube.com/watch?v=uPMYsVPiW48

Magari capite meglio cosa intendo (e magari mi dite anche che non capisco niente...)

Fin qui le note solo positive: ora passiamo a quello che mi ha lasciato perplessa.

In primo luogo proprio la drammaturgia: perché descrivere tre donne diverse? Mi è parsa una schematizzazione un po' semplicistica di una metà del cielo che è molto più complessa e variegata. Una sola donna incarna alla perfezione sia Albachiara che Silvia che Susanna perché siamo tutte un po' romantiche, un po' terra-terra un po' maliziose e tutte abbiamo sogni che cerchiamo di realizzare. Sogni in un cassetto che spesso finisce per essere riempito anche di calzini e mutande altrui. Pensare che una donna sia solo in un modo o in un altro significa non aver capito le nostre mille contraddizioni, i nostri mille dubbi e i nostri famosi “non ho niente” per indicare che, invece abbiamo un mondo dentro che non va bene.
In questa ricostruzione la cosa che mi ha lasciato più perplessa è stato la "separazione" tra Jenny e Sally: quando uscì Sally ricordo di aver letto (era il lontano 1996 sigh!) che questo brano era proprio il seguito di Jenny. Jenny la pazza, la tossica che cresce, esce dal tunnel e si emancipa ed ora, da adulta può "camminare leggera senza guardare per terra perché non ha più voglia di fare la guerra". In questo punto preciso mi è sembrato proprio che si sia perso un po' dello spirito stesso delle canzoni. Sarebbe stata una bella conclusione che avrebbe dato anche un briciolo di speranza che in questi tempi non guasterebbe.

Le coreografie sono piuttosto semplici e, purtroppo, molto, troppo, didascaliche: come spesso mi è capitato di osservare in questo caso, chissà perché quando si balla su brani cantati, il coreografo si lascia guidare troppo dalle parole. In questo modo il tutto diventa molto più ricco di pantomima che di ballo. In questi casi mi chiedo se non sia addirittura meglio togliere il cantato lasciando solo le musiche.
Sinceramente, in tutta quella pantomima, non ho visto mai della volgarità, anche nelle scene più "spinte", perché, proprio in quanto strettamente legate alla narrazione, non sono mai gratuite.

Una nota a parte merita la parte di Delusa: una simpatica presa in giro a vallette, veline, letterine, ereditiere ecc... che ci riempiono gli schermi di quel tipo di balletto. Se le suddette guardassero delle vere ballerine farlo magari coglierebbero la differenza tra quello che fanno loro e la Danza. Di solito in televisione mi risultano volgari, a differenza delle ragazze del corpo di ballo che sono state solo ironiche ed eleganti. Quando dico questo non intendo dire che dovremmo prendere le ballerine da night club e portarle all’Accademia della Scala per imparare a fare con eleganza gli spogliarelli, ma intendo dire che, magari, per tv si tornerebbe a vedere dei balletti degni di essere visti come quelli che si vedevano negli Anni 60 e 70, dove dei professionisti teatrali veri venivano “prestati” alla TV. Se andate a farvi un giro su Youtube capirete cosa voglio dire.

E con questo cito, quello che, secondo me è stato il vero protagonista totalmente in positivo del balletto: il corpo di ballo e i primi ballerini. Qualcuno ha detto che sono stati sottoutilizzati, forse a livello "ginnico", sì, ma non certo a livello interpretativo, ed in questo si sono dimostrati molto, molto bravi. Per quanto detto prima, non credo che questo sia un balletto facile: bisogna essere davvero bravi per non farlo cadere nel volgare o, peggio ancora, nel banale.
Sabrina Brazzo non sarà una ragazzina, ma ha una carica drammatica da attrice del cinema muto che, per dirla alla Camilleri, riesce a darla a bere a chiunque.
Ottime anche Stefania Ballone e Beatrice Carbone: anche loro perfette nei loro ruoli.
Bravi gli uomini, benché comprensibilmente in secondo piano, del resto questo è un balletto per la nostra metà del cielo...
Alla fine, non saprei come dirlo meglio, se non prendendo a prestito le parole di una mia amica: un’opera non completamente compiuta, un’occasione in parte mancata, ma che andava comunque colta, magari per rielaborarla in futuro. L’anno prossimo lo riproporranno. Non so. Malata come sono potrei anche essermi dimenticata di questo commento agro-dolce e desiderò andarci, sperando, intanto che qualcosa si sia evoluto nella messa in scena.


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