Vedo tutto sfuocato, solo il tuo volto mi è nitido.
Mi trovo in questo luogo semibuio, immobile, sospesa nel
tempo, tutto quello che riesco a fare è preoccuparmi per te. Non mi preoccupo perché
ci sei tu, mi preoccupo per te. Per il tuo benessere, per la tua felicità. Dipendo
totalmente da te, dal tuo odio (o forse è amore?). Eppure sono calma.
A cosa stai pensando adesso? Non mi hai ancora detto una
parola.
Mi fissi con i tuoi occhi chiari, quasi di ghiaccio, e lasci
che su quel tuo volto assurdamente bello e diabolico si dipinga un’espressione
che è misto di paura e piacere. E dire che dovrei essere io quella spaventata,
immobile come sono. Invece, mi sento totalmente serena. Vorrei rassicurati e
dirti che va tutto bene. Puoi fare di me tutto quello che vuoi e lo sai. Come
lo so io. Perché resto così immobile e impotente?
Ho capito cosa mi farai, cosa vuoi farmi, ma … cosa voglio
io?
Mi vedo come fossi staccata dal mio corpo. Vedo la lama che
accarezzi con amore, come se fosse lei l'unico oggetto al mondo degno del tuo amore. Quella lama che poi, lo so già, affonderai su di me. Non so
dove comincerai, ma so che lo farai. Mi ucciderai. Lentamente.
Ora la sento affondare dentro di me. Sei partito dal ventre e
ora procedi verso il basso. Non sento dolore, sento solo il sapore dolciastro
del sangue, tra il palato e la lingua.
Ora la lama affonda nelle cosce, stai scendendo verso il
basso. Ed io ora sento anche l’odore del sangue. È strano: la tua lama scende e
le sensazioni che il mio sangue mi provoca salgono. Tra un po’ ne sentirò il
rumore.
Eccolo: il rumore del sangue che mi cola dalle ginocchia. Mai
avrei pensato di poter udire il sangue colare. È come una musica classica suonata
ad un volume appena percettibile, una sorta di nenia rinascimentale. La cosa
assurda è che io non ho mai ascoltato una nenia rinascimentale, ho solo udito
il mio sangue sgorgare dalle mie ginocchia, per la prima volta, stasera.
Ora lo vedo anche, incredibilmente a fuoco, mentre mi arriva
alle caviglie.
È scuro e scende lentamente, non zampilla. Hai deciso di uccidermi
lentamente come pensavo.
Mi sorridi. È un sorriso incerto. Silenzioso. Sembra quasi
che tu ti stia scusando. Ma di cosa?
Vorrei muovere un braccio, ma non posso: ci sono corde
invisibili che mi tengono bloccata qui. O forse sono solo i miei muscoli troppo
deboli per rispondere a un impulso del cervello. Oppure il mio subconscio sa
meglio di me cosa voglio veramente. Voglio
che tu vada avanti. Voglio capire fino a che punto vuoi arrivare. Voglio capire
fino a che punto posso arrivare.
Mentre osservo il mio sangue e il tuo sorriso timido cerco di
ricordare dove e quando ti avrei conosciuto, come ho fatto ad arrivare fin qui
e perché tutto questo mi sembra così normale. Ma non ricordo assolutamente
niente. So che ti conosco bene, ma non so il tuo nome. Il tuo viso così noto,
ma che non ho mai visto prima. So che non mi hai costretto a fare niente, ma
che non sono neanche qui per mia scelta. Quello che c’è tra noi non è così
eccezionale, ma, se ci penso, non è neanche normale.
Resto tranquilla, mentre la lama fende le mie braccia. Ora che
vedo meglio i tagli capisco che non sono profondi e penso che forse non morirò.
Poi ti vedo affondare di più la lama e allora penso che non ti sopravvivrò.
Ha importanza forse? Visto quanti siamo a questo mondo posso
forse anche solo lontanamente pensare che la mia vita abbia un briciolo d’importanza
all’ecosistema terra? Domani sarò pianta e dopodomani dimenticata.
Mi da una strana, indescrivibile sensazione rendermi conto
che io vedo la lama che affonda, ma non la sento. Forse avverto giusto un po’
di freddo quando la lama sfiora la pelle nell’istante immediatamente
prima di insinuarsi dentro di me.
Presto sarà tutto finito. Forse anche il tuo silenzio finirà.
Magari smetterai anche di sorridere in quel modo che adesso mi sembra anche
molto dolce. Quasi come il sapore del sangue.
Ora sento che, lentamente, ti stai allontanando, stai
sprofondando nell’ombra. Mi viene da pensare che forse sono io che sto
piombando nell’oblio in cui tu mi hai voluto. Non prendiamoci in giro: l’ho
voluto anch’io.
Nel buio che mi avvolge sento anche il freddo che mi avvolge
come un sudario. Sto precipitando. Mi ribello e cerco di riaprire gli occhi per
vederti ancora, per rassicurarti, per dirti che va tutto bene.
La stanza è avvolta nella luce, ho perso le coperte e la
radio trasmette musica classica.