domenica 31 marzo 2013

Sorpresa di Pasqua.

Caspita!
Mi sono distratta un attimo, giusto il tempo di risolvere un paio di faccende, e cosa scopro?
Che avete superato quota 10.000!!!
Un numero che mi impressiona, mi da ebrezza e mi responsabilizza al contempo: non so se posso continuare a scrivere tutto quello che voglio quando so che verrà letto da più di 1000 persone in un solo mese. Forse adesso comincia la vera sfida: rimanere me stessa e continuare a dire quello che penso e quello che provo anche di fronte a un pubblico che ora so non essere solo degli amici più intimi.

E so bene che non siete solo i miei amici più intimi per spiegarmi, vi riporto qualche numero:

10.135 visualizzazioni divise nelle seguenti nazionalità:

Italia
4569
Stati Uniti
3540
Svezia
935
Germania
308
Federazione Russa
125
Francia
49
Regno Unito
47
Singapore
27
Irlanda
26
Svizzera

Siete fantastici. Davvero, non capisco cosa possiate trovare nei miei deliri, nelle mie paure e nei miei sentimenti.
Così tante nazioni radunate dalla mia paginetta mi commuovono e mi incuriosiscono, così, dopo che mi avete sorpreso, ho voglia di chiedervi un sacco di cose.

Cosa vi ha interessato del mio blog?
Perché continua a interessarvi?
Cosa vorreste leggere di più?
Cosa vi piacerebbe sapere che non vi ho raccontato?
Oppure c'è qualcosa che trovate particolarmente detestabile?

Voglio migliorare, voglio esservi vicini ed essere alla vostra altezza; ed in questo solo voi potete aiutarmi; quindi su, forza, fatevi avanti!

Grazie di cuore a tutti (vi prometto di smetterla con questi momenti auto celebrativi)
Velia

sabato 23 marzo 2013

Lettera di Ennio Flaiano sulla libertà

La lettera che segue la dedico a quelli che adesso sono in piazza a Roma per dire che , loro, non sanno nulla della Libertà, benché se ne proclamino il popolo, e che sono solo la gente che "ha altro a cui pensare"

6 novembre 1956.

Caro Direttore,
chi le scrive è Ennio Flainano, sceneggiatore, giornalista, scrittore e grillo parlante.
Mi sono fatto una piccola e riprovevole fama di uomo forse intelligente, ma arido. La verità è il contrario: sono certamente un cretino, ma umido.
Credo nelle idee che mi sono state inculcate da ragazzo, e non saprei non dico tradirle, ma nemmeno immaginarne altre che le sostituissero: insomma sono inadatto ai tempi.
Per esempio, io credo nella Libertà. E amo la Libertà.
Uno dei momenti più felici della mia disordinata giovinezza fu quando lessi una semplice frase: << La Storia è storia della lotta per la liberà>>.
Questo mio amore non sopporta né aggettivi, né associazioni: io non voglio una libertà sorvegliata, difesa, personale, intellettuale; né gradisco che le si accoppino concetti,altrettanto nobili, come Giustizia e Democrazia, parendomi la libertà li contenga tutti, anzi li protegga tutti.
E allora?- dirà Lei, signor Direttore- Noi siamo un popolo in pace con la Libertà, siamo un Paese libero, con una stampa libera e un Parlamento liberamente eletto.
Sì è vero.
Ma la libertà per noi, ottenuto il suo primo successo di curiosità, è oggi divenuta una realtà talmente quotidiana che quasi infastidisce.
Pretendiamo anche che ci dia tutto, col nostro minimo sacrificio, la consideriamo come qualcosa di estraneo, un Ente, di cui qualcun altro farà le spese.
Non siamo ancora riusciti ad accettare il fatto più importante: la Libertà siamo noi.
Così oggi, in ogni italiano, sonnecchia un infedele, pronto a sottomettere <<temporaneamente>> la Libertà, per poterla restaurare, abbellire, ampliare, completare.
Abbiamo da una parte il forte partito di sinistra che ha per disperato scopo di spiegarci, con un ritardo di dieci anni, quel che ci succederebbe se si instaurasse qui un governo comunista: come se non lo sapessimo.
Dall'altra parte abbiamo un partito cattolico-economico, talmente vasto che lo si potrebbe scambiare con la volontà degli italiani, se non sapessimo che a dirigerlo è la volontà che ha sempre avversata l'idea stessa di un' Italia libera.
Non credo, signor Direttore, che nessun altro Paese al mondo si trovi in una simile assurda e antistorica situazione: i due partiti più forte del nostro Paese non amano il loro Paese, non lo amano libero, ma occupato, da loro beninteso, per poterlo rendere degno di questa Terra o di quel Cielo.
Come si è potuta creare una situazione tanto assurda e pericolosa?
La risposta è una sola: noi italiano odiamo la Libertà; e la prova maggiore che io porto a sostegno di tale tesi è il gran numero di monumenti eretti nel nostro Paese ai martiri della Libertà, che sono sempre morti per difenderla.
Noi amiamo la Forza, e la Libertà sta sempre dalla parte dei deboli, che muoiono.
Né ci resta il conforto d'aspettare le rivoluzioni.
Le rivoluzioni che l'Italia oggi può permettersi sono di ripiego, timide, rivoluzioni approvate dallo stato, fatte con l'aiuto dello stato e dirette contro la Libertà, che io amo senza illudermi di poterla sposare, sapendo anzi che dovrò prepararmi ad un'altra (ventennale?) relazione clandestina: una relazione disapprovata da tutti, in alto e in basso, a destra e a sinistra.
Questo dunque il mio impegno, che mi spinge a fare della Libertà un culto privato, personale, niett'affatto arido (perché mi sorregge la speranza di essere imitato dalla maggioranza degli italiani), ma purtroppo cretino, perché la maggioranza degli italiani ha altro a cui pensare.

domenica 17 marzo 2013

Habemus Papam

Il post che segue è stato scritto di getto e non riletto, mi scuso per la poca chiarezza e la scarsa qualità, ma mi piaceva così, con questa spontaneità.

Caro Francesco,
mi permetto di darti del Tu e di chiamarti semplicemente Francesco perché vedo che stai cercando di essere il più vicino possibile a noi comuni mortali e allora ne approfitto per portarti al mio livello. Perdonami, ma mi viene più facile così.
Pensando al tuo insediamento non può non venirmi in mente la prima scena di quel famoso film di Nanni Moretti Habemus Papam. Chissà perché non mi è venuto in mente al momento della rinuncia del tuo predecessore, ma mi è venuto in mente mercoledì. Ma io sono strana, si sa.


Da persona lontana mille miglia dalla Chiesa, e, lo confesso senza problema alcuno, allontanata ancor di più dal tuo predecessore di cui ho apprezzato solo il gesto delle dimissioni, vorrei farti qualche piccola richiesta, di quelle che, ne sono certa,ne riceverai a centinaia ogni giorno.
Vorrei che tu aiutassi il mio Paese ad essere davvero indipendente dal tuo. Perché noi viviamo in uno stato che è laico solo sulla carta. Il tuo compito è di occuparti delle anime, perciò, lascia che i corpi siano liberi. Liberi di scegliere se finire la propria vita, se cominciarla, se essere o no nel giusto. Ci hanno lasciato il libero arbitrio giusto? E allora, per favore, continua ad esprimere le tue opinioni, che sono certamente più strutturate e intelligenti delle mie, ma ricorda ai miei governanti che non devono seguire sempre e comunque le tue idee perché non li hai votati tu.
Vorrei che il tuo impegno per i poveri fosse reale: non serve aumentare le mense della Caritas, la vera vittoria sarebbe che queste mense chiudessero per mancanza di utenza. Apprezzo la fine dell’era delle scarpe Prada e delle croci d’oro, e ti auguro di non limitarti all’apparenza.
Vorrei che il nome che porti ispirasse i fedeli ad una maggior consapevolezza ecologica, magari cominciando da una PapaMobile a impatto zero. Oppure rinunciando all’uso dell’elicottero per compiere un tragitto di 25 km.
Vorrei, come donna, non sentire ancora frasi del tipo “sono le donne a meritarsi le violenze perché traggono in tentazione gli stupratori”. Frasi che si sono sentite dire troppo spesso negli ultimi tempi da uomini di chiesa e che non sono mai stati ripresi da nessuno per queste parole. Sai, Francesco, sono una donna e non mi piace sapere che non sono sicura e che nessuno mi difenderà.
Vorrei che tu non perdessi troppo tempo a condannare l’amore, ma l’odio che l’amore suscita. Amare qualcuno non ha mai fatto male a nessuno, e allora vorrei che i miei amici non dovessero sentirsi come noi donne, di cui ti ho detto poco fa. Sembra una piccola cosa: io posso anche capire che non si può dare il valore di sacramento all’amore, ma non riesco proprio a capire come possa questo amore fare del male a chi non lo vive. A causa dell’invidia forse?
Vorrei vederti camminare non solo tra i credenti nel cattolicesimo, ma, a maggior ragione, camminare tra chi non crede in quello in cui credi tu per ascoltare davvero e creare il dialogo.
Infine vorrei che il continente da cui provieni facesse i conti con il suo passato, non nascondendo e proteggendo ancora tiranni, processandoli e andare finalmente avanti.
Caro Francesco, sono solo poche parole, scritte da chi non va a messa la domenica con la consapevolezza che tu non le leggerai mai, ma spero che arrivino anche alla testa di qualcuno che in te crede.

domenica 3 marzo 2013

A ruota libera (parole a caso)



Io sono un tipo strano. Sono fatta di emozioni che non riesco a descrivere, che non riesco neanche a focalizzare. Che dubito di saper trasmettere. Sono fatta di paure che non hanno un nome e che non sono mai rivolte al presente, ma sempre al futuro.
E poi sono anche di metabolismo lento. Per le emozioni vissute in passato intendo. Mi accorgo della loro importanza sempre a posteriori.
Come mi sta succedendo adesso.
È già passata una settimana, eppure, quando chiudo gli occhi, avverto ancora alcune immagini di quel fine settimana, di quei piccoli giorni di vacanza rubati alla mia routine. I musei, il teatro, il viaggio il treno, le lunghe passeggiate sotto una neve benevola intenta a non bagnarmi, il rientro sotto una neve cattiva che ha colmato le strade e i campi per più di un metro.
No, non posso parlare ancora delle mie scorribande milanesi. Non posso tediarvi ancora per la mille millesima volta con le mie emozioni su questo. Anche se vorrei, non crediate. Vorrei potervi ancora riportare su quel palcoscenico, ma non sarebbe giusto. Non so perché, ma sento che non sarebbe giusto.
Lo so che non si dovrebbe vivere di ricordi e di malinconie, so che non dovrei vivere nel passato. Ma a volte il passato è bello, è emozionante, è rassicurante. E allora mi piace lasciare che mi avvolga. Chiudo gli occhi e torno indietro nel tempo. Anche in quel passato che non ho vissuto.
A volte il passato è quello che mi dà la forza per pensare a un futuro. Non faccio parte di quella categoria di persone che pensa che “una volta era tutta un’altra cosa, e si stava meglio quando si stava peggio”, ma, visto che tanto il passato non lo posso modificare, allora mi piace sognarlo diverso, fare il gioco dello Sliding Doors. E immaginarmi il conseguente presente.
Il vecchio gioco del “e se le cose fossero andate così?”
Che poi, rimanendo onesta con me stessa, so benissimo che le cose sono andate come sarebbero dovute andare per il semplice fatto che non avrei mai avuto il coraggio per certe scelte, per mettermi in gioco in determinati contesti.
Penso al passato in questi termini, e cerco una nuova risoluzione per il futuro, per trovare la forza cambiare il mio approccio verso certe cose. Che poi sono sempre quelle, ma non credo di essere in grado di affrontarle tutte in una volta e allora devo decidere da quale cominciare. Con il risultato che non comincio da nessuna.
Forse perché, tutte le volte che ci ho provato, ho sempre sofferto moltissimo. Una volta qualcuno mi ha detto che “sono una persona sensibile”, io non sopporto le persone “sensibili”: in genere non si rendono conto della sofferenza di chi sta loro accanto, ma si offendono per un nonnulla; credo fermamente che il termine giusto sia “permaloso” per quelli come me. Ecco: io sono permalosa. Molto permalosa.
E poi ci sono le mie paure; ultimamente faccio spesso dei sogni che si assomigliano e che si possono schematizzare in due concetti di base: la paura di essere abbandonata e quella di lasciare che la vita scorra negli altri mentre io sono costretta ad una specie di standby. Paure affascinanti se si considera che sono sola e che non ho certo una vita sociale da urlo.
A volte ho la sensazione di vivere una vita che non è mia. Come se tutto questo avesse un senso: perché, se questa vita non è mia, allora di chi è? Perché un padrone ce la dovrà pur avere no? Che senso ha una vita priva di un padrone?
Ma perché scrivo tutto questo? Perché dico così, pubblicamente, cose così intime? Non lo so, forse, perché spero che, esternandole, svaniscano come la neve a primavera? Oppure perché spero che qualcuno risolva i miei problemi per me?
Magari è proprio questo il primo passo per trovare il coraggio ed affrontare quella vita che troppo spesso guardo dalla finestra? Oppure è un mero esercizio mentale per giustificare me stessa e la mia inettitudine.
Non lo so, non ho risposte. Solo domande. Un giorno, chissà, forse saranno anche risposte.
Forse non sono neppure domande precise, solo dubbi, solo piccole perplessità di una vita che non è neanche troppo complicata.
Intanto lascio queste parole in libertà, senza un senso, senza un capo né una coda. E, tanto per essere coerente, senza un finale chiaro.