sabato 10 maggio 2014

Negli scarti dei sentimenti altrui


A Bologna li chiamano ruscaroli.
Tutti li abbiamo presente, tutti li conosciamo. Li vediamo agli angoli delle strade mentre rovistano tra i cassonetti perché, in quello che per noi è diventato inutile, per loro è nascosto un tesoro. Frugano nelle nostre vite giudicandoci solo nei termini propri della nostra capacità di separarci dagli oggetti o, se preferite, dalla nostra incapacità di vedere la vita che i nostri rifiuti possono ancora donare.
Negli anni del Benessere i ruscaroli sono diventate figure ambigue, ai margini della nostra società quadrata. Sono troppo fantasiosi per essere considerati "normali", perché, badate, i veri ruscaroli non sono spinti dall'indigenza, ma da qualcos'altro. A Bologna ce ne sono un paio entrati nella leggenda: frugano nei cassonetti, riempendo case stracolme di oggetti che "possono sempre venire buoni", fregandosene dell'imbarazzo di figli, nipoti, e pronipoti. 
Non ha senso credere di essere immuni e superiori dai ruscaroli, e ve lo dico per esperienza diretta.
Basta aver deciso, un giorno. di iscriversi a un corso di teatro, così per hobby, ed ecco che le cose assumono un valore inestimabile: il pellicciotto sintetico che la prozia Fulgenzia indossava negli anni 50 e che, se non si è tarlato, è solo perché anche le tarme lo trovano di cattivo gusto, la vecchia TV rotta, la libreria ricevuta in omaggio insieme all'enciclopedia nel 1982 e potrei andare avanti per ore citando ancora: vasi cinesi MADE IN TAIWAN, bomboniere del matrimonio del figlio di un vicino di casa, cravatte del nonno, occhiali vecchi e perfino contenitori, cioè scatole di plastica o cartone, vuoti.
Ci sono oggetti oramai indegni di partecipare al quotidiano che diventano perfetti per incarnare un futuro ricordo davvero speciale. L'anno scorso ho acquistato una sciarpa di seta rossa in un negozio di roba usata che è diventata indispensabile per andare in scena. Qualcuno l'aveva scartata ed io ne ho fatto un ricordo speciale. 
Non sono solo gli oggetti a rendere l'uomo ruscarolo, e chi scrive lo sa perfettamente.
Uno scrittore vive in costante ricerca di immagini, espressioni, spezzoni di dialoghi, che diventano cibo per l'ispirazione.
Vi faccio un esempio. 
Siete seduti in un fast food con una Moleskine tra le mani guardando una coppia di fronte a voi. I due mangiano in silenzio, loro così giovani, non si guardano in faccia ed è facile immaginarli già stanchi l'uno dell'altra. Perché è facile, a quell'età, confondere l'ormone con l'amore e scambiare la passione con il sentimento. Poi lui si volta e la guarda, non vedete il suo volto, ma potete scorgere il sorriso di lei, i suoi occhi. È un sorriso già antico di chi ha già fatto una scelta eterna. Lei, che avrà sì e no vent'anni, ha il sorriso di una novantenne che rimira il marito coetaneo appena tornato dell'ospedale. No, non avete capito niente allora, la vostra storia è tutta da rifare.
Gli scrittori sono fatti così: riciclano le espressioni altrui e fissano l'istantaneità riportandola all'eterno. Mentre pensate a tutto questo, il sorriso della ragazza è già sparito e lei si è messa a parlare con il fidanzato. 
Gli scrittori sono così: ruscaroli dei sentimenti altrui.